AGROFARMACI – Conoscenze per un uso sostenibile
Mara Gennari e Marco Trevisan

Quando, nel 1960, chiesi al professor Paolo Fontana ii titolo di una tesi sulla sintesi di nuovi pesticidi, sapevo quel che facevo. Nato da una famiglia di imprenditori agricoli dal 1500, sceglievo di dedicare la vita a quel che allora pareva la via maestra per lo sviluppo dell’agricoltura: la protezione delle col­ ture e degli allevamenti.
Allora gli agrofarmaci si chiamavano pesticidi, con un bel latinismo di ritor­ no, che ancora rimpiango. Oppure si chiamavano antiparassitari, parola sgradita a chi sosteneva che non tutti gli organismi controllati sono parassiti. Poi si sono chiamati fitofannaci, generando confusione coi farmaci d’origine vegetale e lasciando fuori i pesticidi usati nelle case e nelle stalle. Ora una
nuova parola, che ha un suono meno sinistro, e entrata nell’uso legislativo e
dovrebbe essere obbligatoria. Lasciatemi pero usare per questa prefazione la parola che mi e piu cara: pesticidi.
II glorioso Istituto Chimico “G. Ciamician” di Bologna era allora una sede atta alla ricerca anche applicata e ii professor Fontana i1 pioniere in Italia nel campo dei pesticidi. II lavoro fu produttivo e i risultati interessanti, tanto che sfocio in un brevetto e stimolo altre ricerche. Mi ero trasferito alla neonata Facolta di Agraria di Piacenza nel 1962, chiamato dal professor Fontana. Per anni lavorai a sintesi di pesticidi con produttivita crescente, ma presto la volonta politica strangolo la chimica italiana e tante altre cose: “Metteremo i bastoni tra le ruote dell’economia!” aveva proclamato un ministro socialista
e risulto che – come noto – e piu facile distruggere che costruire.
La conseguenza fu che le grandi imprese chimiche straniere, nel frattempo diventate multinazionali, raggiunsero ii controllo della chimica agricola e avocarono a se la ricerca. A noi rimasero le briciole: prove di efficacia e ana­ lisi dei residui. Entrammo presto in conflitto con patologi ed entomologi, che ignoravano o trascuravano gli effetti potenzialmente tossici dei tratta­ menti: se questi erano efficaci, ache scopo misurare i residui sui prodotti
alimentari e nell’ambiente? La posizione non era priva di logica: e meno pericolosa per la salute una traccia di pesticida rispetto ai prodotti metaboli­ ci tossici di un batterio o di una muffa non controllati.
D’altra parte i chimici agrari phi influenti negavano allora che gli interventi chimici in agricoltura fossero oggetto legittimo di studio per un chimico agrario. Da cio difficolta sia di finanziamento sia di riconoscimenti accademi­ ci. Solo a Piacenza e a Perugia 1a chimica dei pesticidi era studiata ed inse­ gnata come doverosa disciplina della Facolta di Agraria. Ma intan to i chimici agrari di altre sedi prestigiose, come Firenze, Torino, Sassari e Bari comincia­ vano a occuparsi, pur tra mille difficolta e incomprensioni, di pesticidi.
Molti anni passarono e la necessita del controllo dei residui venne gradual­ mente accettata: la pressione delle multinazionali, gli obblighi legislativi, i vincoli del commercio internazionale convinsero anche i pili riluttanti. Le nuove tecniche cromatografiche strumentali favorirono una grande diffusio­ ne delle tecniche di analisi. Credo che l’Istituto di Chimica nel quale lavora­ vo con il professor Fontana sia stato protagonista nella diffusione dei metodi e delle tecniche di analisi, che a poco a poco sono entrati nelle competenze degli organi di controllo pubblici, dove tuttora sono egregiamente praticati.
Pili difficile e stata l’introduzione degli strumenti di archiviazione e analisi
dei dati che – come avevamo capito molto presto – sono necessari per valu­ tare la validita dei risultati e la lorn rilevanza per la salute dell’uomo (pag. 505).
Un grande incentivo sia all’approfondimento delle ricerche, sia all’introdu­ zione delle tecniche tanto nei laboratori accademici (e non solo chimico­
agrari), quanta nei laboratori pubblici e privati, e stato dato dal GRIFA, una
societa interdisciplinare fondata nel 1982 dal professor Paolo Cabras, ii quale ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo della chimica dei pesticidi, sia per l’attivit:a di ricerca personale, sia per l’influenza esercitata nei lunghi anni di presidenza della societa.
Nella ricerca degli anni 1960 e ’70, Ja classificazione dei pesticidi (pag. 3) era piu o meno quanta bastava sapere e dava anche qualche indicazione sulla scelta della tecnica d’analisi. I modi d’azione erano poco conosciuti e noti attraverso Ja letteratura, per lo piu d’origine multinazionale.
Gradualmente abbiamo anche imparato, noi e i nostri amid in tutt’ltalia, che non bastava spargere un po’ di pesticidi in campo e poi analizzare suolo, piante e derrate prodotte per capire che cosa realmente accade nell’ambien­ te agricolo, era necessario valutare una varlet.a di fattori la cui importanza emergeva dall’approfondirsi delle ricerche e dalI’acuirsi delia curiosita degli scienziati (chissa perche gli italiani si vergognano di questa parola e usano invece ricercatori?).
La formulazione <lei pesticidi (pag. 41) era (come ora) raramente oggetto di ricerche pubblicate e la distribuzione sulle colture (pag. 63) era (come ora) piu spesso studiata da gruppi agronomici piuttosto che da chimici.
Assorbimento da parte delle piante, traslocazione, degradazione e accumulo (pag. 357) sono stati senza interruzione oggetto di ricerca a Perugia dagli anni 1960, mentre a Sassari e stato sviluppato in particolare lo studio delle interazioni col suolo (pagg. 171 e 207).
Un contributo importante all’organizzazione delle idee in un quadro coe­ rente e dovuto all’introduzione della modellistica ambientale e <lei modelli
previsionali (pag. 485), iniziata nella ricerca italiana a Piacenza e subito col­ legata alla ricerca emergente in quegli anni in Europa.
II Convegno fondato a Piacenza dal professor Fontana per lo studio <lei pesti­ cidi e dame qualche anno prima (1979), divenne un convegno intemazio­ nale dedicato prevalentemente alla modellistica con la 9a edizione (1993). Ci si rese allora conto, a volte con grande sorpresa, che molti fattori che si pen­ savano importanti non lo erano affatto e che invece era necessario esplorare fenomeni che sfuggivano inizialmente alla competenza del chimico: ad esem­ pio il trasporto nel suolo (pag. 245) e nei corpi idrici superficiali e sotterra­ nei (pag. 269), oppure la dissipazione nell’atrnosfera (pag. 299).
Negli ultimi due decenni del secolo la normativa ha assunto un’importanza determinante, grazie anche alla capillare diffusione dei controlli da parte di enti pubblici e privati. Ora almeno parzialmente armonizzata su scala CEE e mondiale, la legislazione sui pesticidi regola tutti gli aspetti dell’uso, dalle pratiche agricole (sicurezza degli operatori) ai tempi di carenza a livello di residui ammissibili. Come noto, sono ammessi all’uso solo prodo ­ ti elencati in liste specifiche al tipo di agricoltura o zootecnia praticato. E stato riconosciuto che i modelli previsionali (pag. 485) possono affiancarsi per la registrazione nelle liste alle misure in campo, che spesso non sono effettuabili con la dovuta completezza a costi compatibili con l’importanza del problema.

La preoccupazione per i residui di pesticidi negli alimenti e nell’ambiente e forse esagerata, tuttavia e una preoccupazione diffusa ed e necessario studia­
re i diversi aspetti del problema: ii rischio e l’esposizione devono essere valu­ tati, anche alla luce delle previsioni modellistiche, in vista <lei vincoli legisla­ tivi piu che di quelli tossicologici. Un problema aperto da decenni e forse irresolubile e quello dell’esposizione contemporanea a molti residui. Gli indicatori tossicologici acquistano significato quando combinati con gli indi­ catori ecotossicologici (pag. 459), sviluppati con modelli fisici (tipo microco­ smi) o con modelli matematici (modelli previsionali e indici).
In alcuni casi di residui persistenti si pone il problema della bonifica dei suoli agricoli e della depurazione delle acque per le quali sono state escogi­ tate diverse strategie (pag. 521).
Un tema di ricerca e, speriamo, di piil ampia applicazione futura e quello <lei
biopesticidi (pesticidi estratti da fonti naturali, pag. 565); in questa classe le piretrine sono tra i prodotti piil usati oggi e, nello stesso tempo, noti da un maggior numero d’anni. None chiaro se i biopesticidi in senso stretto riusci­ ranno mai a competere alla pari con i prodotti da essi derivati con modifiche strutturali artificiali.
I pesticidi chirali (pag. 587) sono un altro tema in sviluppo: quasi tutte le sostanze naturali (biopesticidi compresi) hanno centri di asimmetria e i dia­
stereoisomeri hanno attivit.a biologiche (tossicit:a indusa) diverse. Pesticidi chirali di sintesi sono del resto noti da tempo (Lindane). La diversa azione e
dovuta alla diversa interazione con siti. enzimatici asimmetrici.
E con viva soddisfazione che vedo raccolto in un volume tan to materiale, che
bene descrive lo stato dell’arte della chimica dei pesticidi e delle scienze ad essa connesse. Soddisfazione motivata dalla qualit:a dell’opera, che potra essere utilmente studiata o almeno consultata da studenti di diverse Facolt:a, ma principalmente dei corsi di laurea in Agraria; dal numero di scienziati e di sedi scientifiche che hanno collaborato alla stesura del volume, indice di interessi e di capacit:a di realizzazione diffusi onnai nel mondo accademico (e non) italiano, anche al di fuori dell’origine storica: la Facolt.a di Agraria,
e a un livello che non sfigura davanti ad analoghe iniziative intemazionali. Ma la soddisfazione e dovuta anche – consentitemi un ‘ultima nota personale –
dal compiacimento nel vedere sviluppata e tanto maturata una scienza alla quale ho dedicato la maggior parte della mia vita professionale.